Malattie cardiocircolatorie


Aterosclerosi

Rispetto ai non fumatori, i fumatori presentano un rischio di circa 2-4 volte maggiore di contrarre una malattia cardiocircolatoria. L’aterosclerosi, in qualità di correlato patoistologico per la comparsa di malattia cardiaca coronarica ed infarto miocardico acuto, arteriopatia periferica, malattie cerebrovascolari (“apoplessia” o “colpo apoplettico”), così come per la formazione di aneurisma, è la principale causa di mortalità nei cosiddetti paesi civilizzati.

Un ruolo chiave come fattore scatenante di un’arteriosclerosi precoce viene svolto dalla disfunzione endoteliale, favorita dalle sostanze contenute nel fumo, in particolare dal monossido di carbonio. Il fumo danneggia le cellule endoteliali, con conseguente abbassamento della secrezione di prostaciclina e monossido di azoto, una perdita dell’elasticità vascolare ed un’aumentata interazione trombociti-cellula endoteliale. Il fumo è riconosciuto come fattore di rischio indipendente che favorisce lo sviluppo dell’arteriosclerosi. Nei fumatori si documenta un’aumentata comparsa di cambiamenti arteriosclerotici nei vasi arteriosi, incluse le arterie coronarie, l’aorta e le carotidi.

 

Colesterolo

Il fumo è associato ad un’ipercolesterinemia e ad una sierologia lipidica patologica inversa, ovvero ad un aumentato tasso di LDL («low density lipoproteins») e trigliceridi, così come un tasso ridotto di HDL («high density lipoproteins») ed un’aumentata formazione di lipidi ossidati per effetto proaterogenico («oxLDL») attraverso i metaboliti dell’ossigeno liberi contenuti nel fumo della sigaretta.

Se da una parte il fumo esercita effetti nocivi sui livelli di colesterolo, dall’altra smettere di fumare pare agisca positivamente. In uno studio clinico del 2011, pubblicato dall’American Heart Journal, a cui presero parte 923 persone, si stabilì infatti che i partecipanti allo studio, che avevano smesso di fumare, mostravano dopo un anno un profilo lipidico più favorevole rispetto a quelli che avevano continuato a fumare, anche se, in media, erano aumentati di peso.

 

Diabete mellitus Tipo 2

Numerosi studi dimostrano un nesso tra il fumo e l’insorgenza di un diabete di tipo 2. I fumatori presentano un doppio rischio di ammalarsi di diabete di tipo 2 rispetto ai non fumatori. Per le donne il nesso tra fumo e diabete è meno evidente. Il fumo pregiudica il metabolismo del glucosio e le caratteristiche di PK e PD dell’insulina. Il meccanismo patofisiologico per il quale il fumo aumenta il rischio di diabete di tipo 2 non è ancora totalmente chiaro. Probabilmente le sostanze contenute nel fumo di tabacco hanno un effetto tossico diretto sul pancreas e sulla sensibilità dei ricettori dell’insulina. 
I fumatori diabetici sono esposti ad un rischio molto maggiore di malattie cardiovascolari. Per i diabetici è quindi particolarmente indicato smettere di fumare.

 

Emoreologia (scorrimento del sangue)

Il fumo è associato ad un’aumentata coagulazione del sangue, risp.

  • ad un’aumentata attività protrombotica attraverso un’inibizione
  • dell’attivatore t-PA («tissue plasminogen activator», attivatore
  • plasminogeno tessutale) delle cellule endoteliali
  • un’aumentata concentrazione del fibrinogeno nel siero
  • un’aumentata espressione di fattore tessutale («tissue factor»)
  • un incremento dell’attività dei trombociti
  • un’aumentata viscosità del sangue.

Sono interessati sia la funzione delle piastrine che i fattori di coagulazione. 
Il fumo diminuisce la produzione di prostaciclina (PGI).

 

Proteina C reattiva aumentata

Nei fumatori la proteina C reattiva (CRP), indicatore di un evento infiammatorio, è costantemente alta rispetto ai non fumatori. Dopo aver smesso di fumare, il livello di CRP si abbassa notevolmente nel giro di poche settimane.

 

Infarto cardiaco

Il fumo provoca un restringimento acuto dei vasi sanguigni. In presenza di calcificazione vascolare delle arterie del cuore, del cervello e degli arti, può sopravvenire un’occlusione vascolare che mette a rischio di vita. Superando le 15 sigarette al giorno, il rischio d’infarto cardiaco raddoppia rispetto a quello a cui sono esposti i non fumatori. Tra i fumatori un primo infarto si verifica in media 10 anni prima e gli infarti cardiaci prima dei 40 anni riguardano pressoché solo i fumatori.

Lo studio INTERHEART con pazienti provenienti da 52 paesi negli anni 1999-2003 è riuscito a dimostrare che il fumo è responsabile del 36% di tutti i primi eventi d’infarto miocardico acuto (AMI) a livello mondiale. Per uomini e donne che fumano almeno 20 sigarette al giorno, l’incidenza per la comparsa di un AMI aumenta risp. di 3 e 6 volte ed è correlata più con la quantità del numero delle sigarette fumate giornalmente e meno con la durata dell’abitudine a fumo.

I pazienti che, in presenza di malattia cardiaca coronarica nota (MCC) o dopo una riuscita cura primaria di un evento coronarico acuto tramite intervento di by-pass, continuano a fumare, presentano un rischio nettamente superiore di comparsa di reinfarto mortale o di morte improvvisa per arresto cardiaco.

Per i fumatori il rischio d’infarto cardiaco è particolarmente alto se inoltre sono presenti i classici fattori di rischio per malattie cardiache come sovrappeso, mancanza di moto, pressione alta costante, diabete tipo 2, stress ecc.. Le donne che assumono la pillola contraccettiva e fumano sono esposte ad un rischio 10 volte maggiore.
La nicotina stimola il rilascio di dopamina e noradrenalina.

  • L’adrenalina e la noradrenalina provocano una reazione vasocostrittrice. Il fumatore occasionale compensa l’effetto vasocostrittore con il rilascio di NO e prostaciclina dall’endotelio, mentre per il forte fumatore tale meccanismo non funziona più. L’effetto vasocostrittore sui vasi coronarici potrebbe essere causato dalla riduzione del livello di prostaciclina (PGI2) nelle cellule endoteliali. I fumatori presentano un livello PGI2 ridotto rispetto ai non fumatori.
  • L’aumentata circolazione di catecolamine provoca normalmente stress emodinamico. La frequenza cardiaca aumenta di circa 10 – 15 battiti/min., mentre la pressione del sangue di 5 – 10 mmHg. Chi fuma da molti anni, sviluppa tuttavia una tolleranza nei confronti dell’effetto della nicotina, in modo da non percepire più in modo acuto lo stress emodinamico.

 

Ipertonia

Il fumo porta ad un aumento della pressione sanguigna e ad un’aumentata attività cardiaca.
Rispetto ai soggetti ipertonici che non fumano, i soggetti ipertonici che fumano sono esposti a circa il doppio del rischio di mortalità e morbidità cardiovascolare.

 

Arteriopatia periferica (PAVK) oppure “gamba del fumatore”

L’arteriopatia periferica è un disturbo della vascolarizzazione arteriosa delle estremità, soprattutto le gambe. Si verifica per via di una costrizione (stenosi) o un’occlusione dell’aorta o delle arterie. La causa principale è l’arteriosclerosi. Nel camminare, la cattiva vascolarizzazione provoca forti dolori per via dello scarso apporto di ossigeno. Tali costrizioni ed occlusioni vascolari delle arterie delle gambe, con conseguenti disturbi di vascolarizzazione, portano al lento atrofizzarsi del tessuto interessato (la cosiddetta “gamba del fumatore”). Ciò può rendere necessaria un’amputazione delle parti della gamba interessata (dita del piede, piede, gamba) oppure dell’intero arto.

 

Colpo apoplettico

Il fumo aumenta il rischio di colpo apoplettico, favorendo l’arteriosclerosi (calcificazione vascolare), l’aumentata frequenza cardiaca, la pressione sanguigna ed il danneggiamento dei vasi cerebrali. I fumatori sono quindi esposti il doppio al rischio di colpi apoplettici rispetto ai non fumatori. Il colpo apoplettico è la terza causa di mortalità. Le donne che assumono la pillola contraccettiva e fumano, presentano un rischio pari a 10 volte maggiore.

 

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